San Valentino è stato giusto la settimana scorsa e abbiamo visto tanti innamorati scambiarsi regali, fiori, cioccolatini e “per sempre”. Ma l’amore è eterno finchè dura e quando una relazione finisce si può provare un certo fastidio all’idea che l’ex si tenga i regali ricevuti. 

Cosa dice la legge? Se ne può richiedere la restituzione? No, se rientrano nelle liberalità d’uso.

I regali fatti in determinate circostanze (festività, ricorrenze, occasioni celebrative) secondo quella che appare essere la consuetudine riferita al luogo ed al tempo, vengono definiti “liberalità d’uso” e rientrano nell’art. 770 c.c., comma 2. 

Non devono quindi essere restituiti neanche se richiesti: parliamo di regali fatti per Natale, per il compleanno, per le nozze e l’anniversario o per tutte le altre feste o ricorrenze che si sono affermate nel corso del tempo, quali San Valentino, la festa della donna, la festa della mamma e quella del papà.                        

Ma veniamo al caso di specie: un uomo ha richiesto alla ex compagna la restituzione di ben 13 oggetti d’arte, tra cui opere di autori famosi, che durante la relazione sentimentale durata parecchi anni le aveva regalato per varie ricorrenze. 

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18280 del 19/09/2016, confermando la decisione della Corte di appello di Milano, ha stabilito la natura di liberalità d’uso di quasi tutte le opere, oramai quindi in possesso della donna, escludendo però un quadro del valore stimato di 700mila euro, regalato per fare pace dopo un litigio insieme ad un brillante da 13 carati, perché costituiva apprezzabile depauperamento del patrimonio del donante e avrebbe quindi richiesto la forma prevista dall’art. 782 c.c. ossia l’atto pubblico.                                  

È stato così rigettato il ricorso della donna che sosteneva che il quadro e l’anello fossero stati donati con atto qualificabile come liberalità d’uso, non avendo la Corte d’appello considerato adeguatamente la proporzionalità dei doni con il tenore di vita degli interessati. 

Così risponde la Suprema Corte: “una liberalità d’uso prevista dall’art. 770 c.c., comma 2 (non costituente donazione in senso stretto e perciò non soggetta alla forma propria di questa) sussiste quando l’elargizione si uniformi, anche sotto il profilo della proporzionalità, alle condizioni economiche dell’autore dell’atto, agli usi e costumi propri di una determinata occasione, da vagliarsi anche alla stregua dei rapporti esistenti fra le parti e della loro posizione sociale”. 

Anche considerando la grande consistenza del patrimonio dell’uomo e la sua abitudine a fare regali costosi, questa elargizione è qualificata come donazione di grande valore “sia sulla base dello sforzo economico sostenuto, che sulla base delle motivazioni del regalo, che non era di routine, ma era un presente per ottenere il perdono a fronte di un comportamento incongruo”.

Anche l’uomo ha svolto ricorso incidentale, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 770 c.c. comma 2, e contestando alla Corte d’appello il fatto di qualificare liberalità d’uso i doni fatti per la ricorrenza della festa della donna o di San Valentino. “La liberalità d’uso si configura qualora sia disposta in determinate occasioni in cui per consuetudine si è instaurata l’abitudine diffusa di un certo comportamento. 

La sussistenza per il manifestarsi di questi usi è verificabile diacronicamente, potendosi registrare adattamenti nel costume che sono recepiti dalla natura elastica della norma. 

Ne consegue che feste e ricorrenze affermatesi nel corso del tempo possono far sorgere e consolidare nuovi usi, che legittimano l’applicazione della norma in esame.” 

Ciò è quanto hanno affermato i giudici di Milano nel configurare come liberalità d’uso i regali fatti in occasione di San Valentino e della festa della donna, da tempo impostesi con indiscutibile rilevanza in Italia e nel mondo occidentale, e che si giustificano in relazione al legame esistente tra le parti. E gli ermellini non possono che confermare e rigettare il ricorso incidentale.