Questo è quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in data 1° ottobre 2015, vediamo in che modo si è giunti a questa decisione.
La Corte di Giustizia era stata investita della questione dal Tribunale di Firenze che chiedeva se la “direttiva rimpatri” ossia la n° 2008/115, fosse in contrasto con una disposizione nazionale che prevedesse una pena detentiva per lo straniero irregolare che, dopo esser stato ripatriato, viene nuovamente trovato all’interno del territorio dello Stato.
Le parole del Tribunale di Firenze sono state le seguenti:
“se le disposizioni della direttiva 2008/115 ostino all’esistenza di norme nazionali degli Stati membri che prevedano la pena della reclusione sino a quattro anni per un cittadino di un Paese terzo che, dopo essere stato rimpatriato non a titolo di sanzione penale né in conseguenza di una sanzione penale, abbia fatto nuovamente ingresso nel territorio dello Stato in violazione di un legittimo divieto di reingresso, senza che tale cittadino sia stato previamente sottoposto alle misure coercitive previste dall’art. 8 della direttiva 2008/115 ai fini del suo pronto ed efficace allontanamento”.
La Corte si è espressa stabilendo la mancanza di qualsiasi ostacolo ad una simile disposizione interna prevedendo che:
“La direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, deve essere interpretata nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro che prevede l’irrogazione di una pena detentiva ad un cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno è irregolare il quale, dopo essere ritornato nel proprio Paese d’origine nel quadro di un’anteriore procedura di rimpatrio, rientri irregolarmente nel territorio del suddetto Stato trasgredendo un divieto di ingresso”.
La questione è controversa ed è stato necessario interrogare la Corte; difatti la direttiva “rimpatri” è una disposizione che vuole favorire il rimpatrio volontario dello straniero irregolare prevendo una procedura di notifica all’interessato dell’invito a lasciare il territorio nazionale, entro il termine di trenta giorni, periodo durante il quale può esser chiesto alla persona di consegnare il passaporto o di presentarsi con cadenza regolare presso le autorità.
La normativa nazionale italiana contenuto nel Testo Unico 286 del 1998 prevedeva invece come regola generale il rimpatrio coattivo dello straniero irregolare, lasciando quello volontario solo ad ipotesi residuali.
La stessa normativa nazionale del Testo Unico Immigrazione all’articolo 14 comma 5-ter prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero irregolare inosservante dell’ordine di allontanamento del Questore.
La questione di cui è stata investita la Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguardava pertanto la compatibilità tra questa normativa nazionale che prevede la pena detentiva e la direttiva rimpatri, conclusasi nel riconoscimento della piena compatibilità tra le due normative.