FACEBOOK: divieto di utilizzo per chi è agli arresti domiciliari con divieto di comunicazione

Il soggetto agli arresti domiciliari, con divieto di comunicazione con persone non conviventi, infrange tale divieto se, utilizzando social network, posta o condivide post.

Così ha stabilito la Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 46874 dell’8 novembre 2016.

Nel caso in esame i giudici hanno rigettato il ricorso proposto in opposizione all’aggravamento della misura cautelare disposta dal Tribunale del riesame, da domiciliare ad intramuraria, in seguito a violazioni delle misure domiciliari ritenute gravi, ossia la condivisione da parte dell’indagato di un post su Facebook, indirizzato alla vittima della sua condotta illecita precedente.

Così si pronuncia la Suprema Corte:

“La motivazione del Tribunale del riesame è assolutamente logica e condivisibile quando afferma che la prescrizione di non comunicare con persone estranee deve essere intesa nel senso di un divieto non solo a parlare con persone non conviventi, ma anche di stabilire contatti con altri soggetti, sia vocali che a mezzo di congegni elettronici”.

L’utilizzo non meramente passivo di Facebook costituisce quindi una forma di comunicazione con estranei e di per sé viola il divieto che spesso si accompagna alla misura domiciliare, anche nel caso in cui l’utilizzo di mezzi informatici non sia stato esplicitamente interdetto.

D’altronde già con la sentenza n. 37151 del 2010 si era ritenuto che al divieto di avere rapporti con persone diverse dai familiari conviventi deve essere data un’interpretazione estensiva, fino a comprendere le comunicazioni con terzi, sia vocali che attraverso internet.

Anche se l’autore del post è una persona in origine diversa, tramite la condivisione l’indagato fa proprio il contenuto del post e lo diffonde ulteriormente.

E abbiamo già parlato in un altro video di come i messaggi postati sulle bacheche dei social possano incorrere nel reato di diffamazione aggravata, vista la loro capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.

Inoltre la condotta di postare o condividere un commento sulla bacheca Facebook vanifica anche la misura cautelare poiché consente di raggiungere la persona offesa eliminando la distanza fisica che era stata prescritta tra indagato/imputato e parte offesa.

Mentre il codice penale e quello di rito si adeguano alle problematiche connesse con l’utilizzo dei nuovi potenti mezzi di comunicazione, anche se non è esplicitamente previsto dalla misura cautelare ricordiamo il divieto dell’uso di Facebook per le comunicazioni.