Le molestie consistono in un comportamento pressante e indiscreto che invade la sfera altrui. E le continue telefonate ne sono un classico esempio!

Articolo 660 del Codice Penale:

Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516

In base a questa norma la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha condannato per il reato di molestie un uomo che, vuoi per dispetto vuoi per gelosia, tempestava di telefonate il marito della sua amante.

La pena a cui è stato condannato è consistita in 300 euro di ammenda e 3000 euro di risarcimento danni, oltre a 2500 euro per spese di giudizio

L’imputato aveva cercato di addurre a suo favore la mancanza di una qualsiasi intenzione di molestare o disturbare il coniuge della donna con cui aveva una relazione ma per i Giudici questa tesi non poteva reggere in virtù delle prove a carico e delle modalità della condotta.

Sono stati infatti i tabulati telefonici a tradire il traditore e a mostrare chiaramente la sua condotta. Egli chiamava spesso e a tutte le ore del giorno e della notte, anche proprio in piena notte.

Tutto ciò ha dimostrato come il comportamento non fosse occasionale o accidentale, bensì abituale e intenzionale!

Le parole usate dai Giudici di legittimità sono chiare:

“[…] il numero elevato e le modalità inequivocabilmente moleste con cui le chiamate telefoniche venivano effettuate presso l’utenza del D.S. non consentono di ipotizzare la natura occasionale di tali contatti telefonici […].

Tali incontroversi elementi probatori, dunque, consentono di ritenere provato – in linea con quanto affermato nella sentenza impugnata – che le molestie telefoniche poste in essere in danno del D.S., per le connotazioni di petulanza che le caratterizzavano, erano idonee a configurare il reato contestato all’imputato ai sensi dell’art. 660 cod. pen., sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo (cfr. Sez. 1, n. 20200 del 07/03/2013, De Piano, Rv. 256158).

In definitiva, le modalità, l’orario notturno e il tenore delle telefonate – nelle quali si faceva anche riferimento allusivo ai familiari dei D.S. – non consentono di dubitare della natura molesta di tali contatti telefonici […]”

E la Corte nella medesima pronuncia ha ribadito un principio già consolidato in base al quale il reato di molestia non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri.

E’ utile a questo punto riportare un estratto di una pronuncia della Suprema Corte del 2011 ove è stato chiarito il significato della “petulanza”

ai fini della configurabilità del reato di molestie, previsto dall’art. 660 cod. pen., per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l’elemento materiale costitutivo del reato […]”.

In conclusione l’esempio riportato mostra solo un recente caso in cui è stato riconosciuto che l’uso improprio del telefono può comportare una condanna per molestie, evento che ricorre sempre più spesso in ragione dell’uso intenso che facciamo dei mezzi di comunicazione che, a volte, rappresentano proprio i nuovi mezzi con cui si perpetrano i reati, basti pensare solo alle nuove manifestazioni online dei reati di ingiuria e diffamazione che dilagano sui forum e sui social networks!