Il reato di stalking non può essere escluso solo perché commesso in luoghi di svago ritenendo che in tali posti non possa esservi paura per la propria incolumità!
Questo è quanto stabilito dalla quinta sezione della Corte di Cassazione con pronuncia n° 48332 del 18 giugno 2015.
L’articolo 612-bis del Codice Penale prevede il reato di Stalking e al primo comma stabilisce che:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Elementi costitutivi della condotta sanzionata da tale articolo sono appunto molestie o minacce che cagionino un grave stato d’ansia nella vittima o un timore per la propria incolumità, unitamente ad un’alterazione delle abitudini di vita della stessa messe in atto al fine di sfuggire al predatore.
Nel caso di specie lo stalker era un uomo che aveva intrattenuto una breve relazione sentimentale con la vittima e non si rassegnava alla fine del rapporto e così la seguiva, continuava a contattarla a mezzo telefono e chat, oltre a cercare direttamente a casa suonando ripetutamente il citofono.
L’uomo veniva allora condannato in primo grado per il delitto di atti persecutori, stalking appunto, e avverso tale pronuncia egli proponeva appello sostenendo che l’essersi più volte avvicinato alla ex compagna in luoghi pubblici non poteva in alcun modo integrare il reato di stalking in quanto il carattere ricreativo di quei luoghi non poteva che escludere un reale timore per la propria incolumità da parte della donna.
La Corte d’appello non accoglieva tali motivi di ricorso e lo stesso faceva la Corte di Cassazione che dichiarava inammissibile il ricorso con cui l’uomo impugnava la pronuncia d’appello.
Inoltre il carattere pubblico e ricreativo di luoghi come bar e discoteche, ove l’uomo avvicinava e molestava la vittima, non è sufficiente per escludere uno stato di ansia e timore in chi subisce tali atti.
E la Corte di Cassazione ha affermato che:
“La circostanza secondo cui alcuni degli episodi contestati si sarebbero verificati in luoghi tali da indurre ad escludere la compromissione della sfera privata, trattandosi di luoghi ricreativi, è stata correttamente ritenuta non significativa, atteso che ben può trovare attuazione il comportamento molesto anche in tali luoghi e, comunque la presenza di un perdurante e grave stato di ansia o paura non esclude che la vittima possa continuare a frequentare locali pubblici”.
E’ pertanto irrilevante il luogo in cui gli atti persecutori vengono commessi al fine di poter attribuire una penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di stalking, difatti la sfera privata può esser lesa o messa in pericolo anche in luogo pubblico!