Ci sono volte in cui l’apprensione di una madre è segno di amore, ci sono volte in cui è pura ossessione… che diventa stalking…. quindi reato… quindi condannabile! E noi vi parleremo in questo post proprio di questo caso.

All’attenzione dei Giudici della Corte di Cassazione è giunta una vicenda ove una madre, che già era stata sottoposta dal Tribunale per i Minorenni alla misura del divieto di avvicinamento nei confronti della figlia, ignorava questa prescrizione giudiziale e, al contrario, metteva in atto una serie di comportamenti che son stati ritenuti persecutori.

Ella raggiungeva la figlia nei luoghi che la stessa frequentava come ad esempio a scuola o a casa e la seguiva nei suoi spostamenti per poterla avvicinare e poterci parlare.

La ragazza non si sentiva affatto sicura, temeva anzi per la propria incolumità in un modo tale da vedersi costretta ad alterare le proprie abitudini di vita, cercando di essere meno abitudinaria tanto nei suoi spostamenti quanto nelle modalità di spostamento. A ciò si aggiungeva un perdurante stato di ansia ed apprensione per i continui pedinamenti della madre e per il gran numero di telefonate che riceveva dalla stessa.

La Difesa della madre sosteneva la  mancanza del dolo, ossia che la signora non avesse alcuna coscienza e volontà di perseguitare la figlia o alterarne le abitudini di vita, voleva semplicemente parlarle, seppur trasgredendo al divieto di avvicinamento che le era stato imposto.

Eppure la Corte ha così argomentato:

Sul piano della dimensione oggettiva è stata accertata un’ossessiva condotta dell’odierna ricorrente, caratterizzata da reiterate, pervicaci, intromissioni e turbamenti nel vissuto esistenziale della minore, in spregio peraltro dei divieti e delle prescrizioni del Tribunale per i minorenni.

Parimenti accertato è il nesso causale tra tale ostinata condotta e l’evento, consistente, nel caso di specie, nello stato di ansia ed apprensione arrecato alla minore e nel cambiamento delle sue abitudini di vita.

Da queste parole si evince che il rapporto genitore-figlio ed il vincolo di sangue non sono di per sé idonei ad escludere che anche all’interno dei membri della stessa famiglia possa configurarsi il reato di atti persecutori previsto all’articolo 612-bis del Codice Penale che così recita:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5/2/1992 n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Come abbiamo indicato in altri articoli dove ci siamo soffermati su casi di Stalking, gli elementi essenziali della condotta punita sono:

  • Lo Stalking si caratterizza per una serie di minacce e molestie;

  • Deve trattarsi di aggressioni tali da indurre un grave stato di ansia o paura ovvero timore per l’incolumità o di un prossimo congiunto;

  • Può consistere altresì in un’alterazione delle normali abitudini di vita della vittima;

  • Si prevede un aumento di pena se lo Stalker è una persona che è stata legata da una relazione affettiva con la vittima

E anche l’assenza di dolo invocata dalla madre per negare una sua responsabilità penale non è stata sufficiente in quanto la Corte ha stabilito che “è sufficiente la mera consapevolezza dell’idoneità delle condotte ossessive alla produzione di uno degli eventi tipici previsti dalla norma“, ossia basta che la persona sia consapevole di porre in essere minacce e molestie tali da alterare le abitudini di vita dell’altra persona e gettarla in uno stato di ansia e timore!

In conclusione, un’ossessione che si manifesta con comportamenti persecutori rappresenta un reato, a prescindere dal tipo di legame che può unire la vittima al suo aggressore!