Colui che finge di versare in un grave stato di difficoltà economica per non adempiere l’obbligo del mantenimento non rischia solo conseguenze di stampo civilistico ma anche in ambito penale.

Il Tribunale di Campobasso, con sentenza numero 49 del 2015, ha condannato un uomo alla pena di 2 mesi di reclusione e risarcimento di 25mila Euro all’ex coniuge.

La condotta dell’uomo era controversa… Egli sosteneva di non aver versato la somma stabilita dal Giudice a titolo di mantenimento alla ex in quanto sommerso da debiti di natura tributaria.

Tuttavia dalla documentazione tributaria emergeva che la sua ditta fino a poco tempo prima aveva introiti decisamente elevati. Oltretutto nelle more la ditta era stata rilevata dalla nuova compagna dell’uomo e la sede dell’attività era di proprietà della madre dello stesso, senza contare il fatto che l’uomo – che sosteneva di vivere in una condizione vicina alla povertà – continuava a mantenere un alto tenore di vita.

Anche al Giudice i conti non tornavano… Sembrava una volontaria sottrazione, con modalità poco chiare, all’obbligo di mantenimento…

E così cominciava un procedimento penale a suo carico per il reato previsto dall’articolo 570 del Codice Penale, rubricato come “Violazione degli obblighi di assistenza familiare“.

L’articolo 570 del Codice Penale è molto chiaro, almeno a parole:

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore  o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore , ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti  o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.

E la giurisprudenza ha stabilito che tale reato si configura in ragione del semplice inadempimento dell’obbligo di versare il mantenimento, a prescindere dallo stato di bisogno dell’avente diritto.

Inoltre il Giudice in sede penale ha stabilito che la sussistenza di tale reato si valuta solo sulla base dell’inadempimento ossia valutare se vi è stato o meno, senza vagliare l’effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di soddisfare i bisogni dei figli, compito che invece investe l’attività del Giudice in ambito civilistico.

La condotta tenuta dall’uomo è stata pertanto ritenuta penalmente rilevante e, come tale, condannata, alla luce della tenacia e perseveranza con cui volontariamente sottraeva all’obbligo di mantenimento dell’ex moglie e dei figli pur conoscendo bene lo stato di difficoltà in cui gli stessi versavano.