Confermata la condanna per rapina nei confronti di un uomo che aveva preso possesso del cellulare della propria partner per far non farle rispondere a chiamate di altri uomini che le offrivano un compenso in cambio di prestazioni sessuali…
Questo è quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n° 6265 del 2017!
Nemmeno la tesi dell’uomo, che giustificava il suo comportamento come reazione d’ira per un fatto ingiusto altrui, è valsa ad attenuare la precedente sentenza di condanna.
Per i Giudici di Cassazione, la sentenza che di fronte a loro veniva impugnata era ineccepibile e ben argomentata in tutti i suoi punti.
E così è stato ribadito che per la concessione dell’attenuante invocata dall’uomo e la sua tesi di aver agito in base ad un particolare movente di carattere morale e sociale non è sufficiente la convinzione personale ma tale valore deve presentarsi come obiettivo e collettivamente condiviso:
“… Così come è stato dato atto della non concepibilità della circostanza attenuante di aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, per la cui sussistenza non è sufficiente la convinzione dell’agente di perseguire un fine moralmente apprezzabile, ma è necessaria l’obiettiva rispondenza del motivo a valori effettivamente apprezzabili dal punto di vista etico, che siano riconosciuti come preminenti dalla coscienza della collettività e che nulla abbiano in comune con il movente egoistico dell’autore del reato…”