Una moglie nel pieno delle capacità lavorative che non si sforza neanche di trovare un lavoro non ha diritto all’assegno di mantenimento!

Ecco quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n° 24324 del 2015.

Circostanza ovviamente ben diversa dal non trovare un lavoro!

La ratio dell’assegno di mantenimento risiede nel far tenere al coniuge economicamente più svantaggiato lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio. Questo però ove possibile e ove accettabile.

In molti casi il coniuge economicamente più forte non ha ugualmente la possibilità di mantenere con lo stesso tenore di vita l’ex coniuge, generalmente perché “economicamente superiore” non è sinonimo di “ricco”, anzi spesso vuol solo dire che ha un posto di lavoro mentre l’altro coniuge no.

Nel caso che oggi affrontiamo vi è un coniuge economicamente avvantaggiato mentre l’altro, pur avendo già un immobile di proprietà da cui ricavava un canone di locazione mensile, lamentava di non riuscire a mantenere il precedente tenore di vita e, oltre a ciò, non si impegnava neppure nella ricerca di un’occupazione.

Da una parte vi era l’uomo con un reddito annuo di circa 35mila Euro e dall’altra la moglie con l’unica entrata mensile di 350 Euro per l’affitto dell’immobile di sua proprietà ereditato dalla defunta madre.

La donna lamentava altresì di non riuscire a trovare lavoro nella Regione ove aveva fatto ritorno dopo la separazione, ossia in Campania.

Il Tribunale di primo grado, dopo aver dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio (ossia il divorzio), fissava l’ammontare dell’assegno di mantenimento in favore della moglie in 300 Euro mensili e la stessa impugnava tale pronuncia sostenendo che la cifra non fosse adeguata al suo precedente tenore di vita.

La Corte d’Appello non accoglieva le doglianze della donna affermando che l’impossibilità di trovare lavoro non fosse oggettiva non potendosi affermare in termini assoluti che in Campania non vi è lavoro, soprattutto alla luce delle capacità lavorative della donna che non erano così specifiche da necessitare di un particolare tipo di lavoro altamente settoriale, stante il suo precedente lavoro casalingo.

La donna allora proponeva ricorso per Cassazione che giungevano ad un rigetto ed ad una dichiarazione di inammissibilità.

I Giudici della Suprema Corte hanno infatti affermato che:

“Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso”.

Appare pertanto chiaro come la valutazione se stabilire o meno l’assegno di mantenimento a favore della moglie non possa ancorarsi a valutazioni soggettive della stessa come l’impossibilità di trovar lavoro e, pertanto, neanche cercarlo, bensì deve trovare fondamenti oggettivi ossia mostrare come non sia possibile mantenere condizioni di vita dignitose in assenza di un contributo economico da parte dell’ex coniuge il quale ben potrebbe erogare la somma mensile.

Nel caso di specie le richieste della donna si son dimostrate totalmente prive di alcun fondamento oggettivo e son state vigorosamente respinte tanto in sede di appello quanto di cassazione.