Se la moglie confessa un tradimento e ciò porta alla separazione della coppia, anche se durante il giudizio ella ammette di essersi inventata tutto per far ripartire la passione tra i due, questo non vale per addossare sul marito l’addebito della separazione ed ottenere un assegno mensile di mantenimento.
Come si sono svolti i fatti?
La sentenza di primo grado che aveva stabilito la separazione giudiziale tra coniugi aveva respinto la domanda di addebito avanzata dal marito disponendo a suo carico l’obbligo di corrispondere alla donna un assegno mensile di mantenimento.
Nel corso di tale giudizio emergeva da un lato che la separazione era stata proposta perché la confessione del tradimento da parte della donna aveva reso insopportabile la convivenza e dall’altro che tale confessione era fittizia poiché, come affermato dalla donna, inventata al solo scopo di ferire l’uomo e fungere da stimolo per la ripartenza della coppia che invece naufragava e si separava.
La Corte d’Appello riteneva comunque non addebitabile alla moglie la separazione della coppia ma revocava l’assegno di mantenimento disposto in primo grado a favore della stessa.
La donna però non si arrendeva e proponeva ricorso per Cassazione lamentando che il finto tradimento non poteva esser considerato causa scatenante della separazione e che, comunque, anche il marito aveva intrattenuto negli anni relazioni extraconiugali prendendosi addirittura un herpes genitalis.
La Corte di Cassazione, con sentenza n° 25337/2015, smentiva le ragioni della donna sostenendo la stranezza con cui ella avesse confessato solo in tribunale la falsità del tradimento che si era inventata e che, in ogni caso, ella aveva raggiunto lo stesso scopo di un tradimento consumato poiché era giunta ad umiliare e gettare nello sconforto il marito proprio come se lo avesse realmente tradito.
Le parole utilizzare dalla Corte sono state le seguenti:
“La Corte di merito ha, per contro, ritenuta provata la violazione da parte della moglie del dovere di fedeltà coniugale , rilevando come la sua confessione, avvenuta dopo che il marito l’aveva sorpresa in bagno a conversare di nascosto al cellulare e le aveva chiesto spiegazioni, costituisse conferma inequivocabile dell’esistenza della relazione extraconiugale da lei intrattenuta, ulteriormente dimostrata dal comportamento successivo della signora, che solo in sede di giudizio di separazione aveva sostenuto di aver confessato il falso.
A maggior conforto della decisione, la corte di merito si è poi fatta carico di chiarire perché, pur nel caso in cui si fosse voluto dar spazio alla tesi difensiva della moglie, il fatto che prima dell’instaurazione del giudizio ella non avesse mai smentito la confessione, ed anzi avesse perseverato nel far credere al marito di averlo tradito, lo aveva comunque umiliato e gettato nello sconforto, producendo lo stesso effetto pratico che si sarebbe prodotto se il tradimento fosse stato reale, ed aveva irrimediabilmente minato il rapporto coniugale”.
L’aver inventato il tradimento aveva quindi minato il rapporto coniugale anche se in un secondo momento la verità è venuta allo scoperto.
La Corte inoltre rappresentava alla donna che le asserite relazioni extraconiugali che il marito avuto in passato non avevano minato la prosecuzione della loro convivenza e che lo stesso vale per l’infezione di origine sessuale che addirittura risaliva a più di dieci anni prima.
La donna nel corso del giudizio in sede civile aveva altresì sporto una querela per percosse e minacce subite, querela poi ritirata dalla stessa e ritenuta indice del debole impianto probatorio presentato dalla stessa.
L’addebito della separazione quindi non poteva ricadere sul marito e nemmeno poteva obbligare lo stesso ad un assegno mensile di mantenimento in favore della mendace ex moglie!