Se tra i coniugi c’è parità di reddito e la casa coniugale è in comproprietà allora il coniuge che risiede nell’abitazione deve versare all’altro un importo pari alla metà del canone medio di locazione.

Ecco quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con pronuncia n§ 430 del 14 gennaio 2016!

La motivazione alla base di una simile pronuncia risiede nel fatto che il coniuge che non usufruisce della casa coniugale, in questo caso l’ex moglie, viene privata della disponibilità di un bene e, a fronte di ciò, deve percepire una contropartita monetaria.

I fatti si sono svolti nel seguente modo:

 Il Tribunale di primo grado pronunciava la separazione tra coniugi disponendo un assegno di mantenimento in favore della moglie per un importo di euro 500 mensili.

L’uomo allora proponeva impugnazione e la Corte d’Appello da una parte dimezzava la somma che l’uomo era tenuto a versare a titolo di mantenimento e dall’altra parte stabiliva che la donna, non potendo usufruire della propria quota di casa coniugale di cui era comproprietaria, aveva diritto ad un contributo economico pari alla metà del canone di locazione mensile che la stessa affrontava per la nuova abitazione ove si era trasferita.

L’ex marito si determinava allora a proporre ricorso per Cassazione sostenendo che la donna non avesse prodotto copia del contratto di locazione bensì solo ricevute e che su tali basi non si potesse giungere alla conclusione di obbligarlo a versare la metà di tale somma.

Ebbene, i Giudici della Suprema Corte ritenevano – contrariamente a quanto sostenuto dall’uomo – che si potesse ugualmente giungere alle stesse conclusioni cui era giunta la Corte d’Appello in quanto la copia del contratto di locazione dev’essere prodotta solo nelle controversie che hanno ad oggetto il contratto stesso e non anche in quelle che vertono sulla separazione personale tra coniugi.

L’obbligo di produzione del contratto dedotto infondatamente dal ricorrente può essere opposto nelle cause tra le parti del contratto medesimo ma non quando il rapporto di locazione sia funzionale, come nella specie, a sostenere l’esborso del canone al dine di dimostrare la propria capacità reddituale”.

La Corte di Cassazione proseguiva il suo iter argomentativo sostenendo che la partecipazione economica all’affitto che la donna doveva mensilmente versare per il nuovo appartamento in cui si era trasferita fosse valida e corretta in quanto la casa coniugale, essendo in comproprietà e quindi in comunione tra i coniugi, rappresenta un bene del quale entrambi hanno diritto di fruire nel medesimo modo; pertanto se uno dei due “comunisti” (ossia parti della comunione del bene) non può usufruire di quella cosa, e nel caso di specie la donna non poteva usufruire dell’abitazione in quanto vi risiedeva l’ex marito, ha diritto ad un corrispettivo di natura economica proporzionale alla quota dalla quale viene di fatto esclusa.

La Corte si è espressa nei seguenti termini:

Il Collegio aderisce alla relazione depositata osservando in ordine alla memoria di parte ricorrente che nella sentenza impugnata è stata correttamente tenuta in considerazione la disciplina normativa della comunione secondo la quale il comunista ha diritto di ricevere il corrispettivo pro quota del godimento dell’immobile del quale è escluso.

Se non ne fruisce ciò determina uno squilibrio economico patrimoniale incidente sui parametri valutati dell’assegno di mantenimento”.

Quindi, nel caso di specie, l’ex moglie aveva la comproprietà dell’immobile adibito a casa coniugale, ed tale immobile era in comunione tra i due, ne deriva che ella, non potendo usufruire dell’immobile, ha diritto a che l’ex marito contribuisca a pagarle l’affitto della nuova abitazione in cui si è trasferita; e tale contributo è pari alla quota di comproprietà della casa coniugale che in questo caso era di pari proprietà di entrambi e di conseguenza il contributo al canone di locazione dev’essere della metà.