Oggi parliamo del DASPO, il Divieto di Accedere a manifestazioni sportive, introdotto e regolato dalla Legge n° 401 del 1989.
Esso prevede che:
nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per una serie di reati stabiliti dallo stesso articolo 6, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore puo’ disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonche’ a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.
La Corte di Cassazione, con al sentenza numero 1767 del 16 gennaio 2017, si è trovata ad analizzare tale fattispecie e ha stabilito che:
“in occasione o a causa di manifestazioni sportive” non debba essere inteso nel senso che gli atti di violenza o comunque le restanti condotte che possano giustificare la adozione dei provvedimenti di cui all’art. 6 della legge n. 401 del 1989 debbano essersi verificati durante lo svolgimento della manifestazione sportiva ma nel senso che con essa abbiano un immediato nesso eziologico, ancorché non di contemporaneità.
La ratio della disposizione in questione è, infatti, quella di prevenire fenomeni di violenza, tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica, laddove questi siano connessi non con la pratica sportiva ma con l’insorgenza di quegli incontrollabili stati emotivi e passionali che, tanto più ove ci si trovi di fronte ad una moltitudine di persone, spesso covano e si nutrono della appartenenza a frange di tifoserie organizzate, perlopiù, ma non esclusivamente, operanti nell’ambito del gioco del calcio.
Si tratta di fenomeni per i quali fungono da catalizzatore, spesso con improvvise a incontrollabili interazioni, sia l’andamento agonistico più o meno soddisfacente della compagine per la quale si parteggia ovvero le modalità con cui l’apparato amministrativo ed organizzativo di questa intende condurre il rapporto con la propria tifoseria sia l’eventuale confronto, in una logica elementare in cui la appartenenza ad un gruppo comporta la ostilità verso altri gruppi, immediatamente intesi come possibili assalitori, con una tifoseria avversa.
Diamo però anche un’occhiata ai fatti del caso di specie sottoposto all’attenzione dei Giudici della Suprema Corte…
Un gruppo di ragazzi si era reso protagonista di un episodio di violenza ai danni dei giocatori del Cagliari e del suo allenatore all’interno del centro sportivo utilizzato dalla squadra ed il Giudice per le Indagini Preliminari aveva convalidato nei loro confronti la misura consistente nell’obbligo di comparire personalmente di fronte agli organi di pubblica sicurezza in occasione degli incontri sportivi disputati dal Cagliari Calcio.
Uno dei ragazzi presentava ricorso per Cassazione per violazione di legge in quanto gli era stata applicata una misura che è prevista per episodi di violenza che avvengono in occasione di manifestazioni sportive mentre nel caso di specie i fatti si sono verificati in un momento in cui non era in atto alcun evento sportivo.
Ma la decisione della Suprema Corte è stata di segno contrario all’opinione dell’Imputato in quanto ha stabilito che la misura fosse legittima in quanto i fatti sono avvenuti in un contesto che si può direttamente collegare ad eventi sportivi, sebbene non si siano verificati in occasione degli stessi.
Per approfondire l’argomento:
http://www.altalex.com/documents/news/2017/01/30/daspo