Nel determinare l’importo dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge, il Giudice deve tener conto anche del valore della casa coniugale il cui godimento è quantificabile come valore economico.

Allo stesso modo, se la casa coniugale non viene assegnata al Genitore presso cui sono collocati i figli minori e tale abitazione rimane pertanto nella disponibilità dell’altro coniuge, allora l’assegno di mantenimento dovrà essere stabilito tenendo conto del valore economico dell’immobile che resta nella disponibilità di quel coniuge.

Detto così può sembrare molto astratto, vediamo un caso concreto.

Nel caso di specie la Corte d’Appello di Salerno rigettava le richieste di addebito della separazione che erano reciproche e fissava l’importo dell’assegno di mantenimento tralasciando totalmente il fatto che la casa coniugale rimaneva vuota e nella disponibilità del marito che ne era anche proprietario mentre la moglie insieme ai figli risiedeva altrove.

La moglie lamentava dunque che la disponibilità della casa familiare aveva un valore pari al canone medio di locazione dell’immobile in quella data zona, un valore ben quantificabile e da considerare in godimento dell’uomo.

Inoltre la donna si trovava ad affrontare spese ulteriori per la diversa abitazione in cui risiedeva con i minori e si creava uno squilibrio economico sensibile a favore dell’ex marito.

Il caso è giunto sino alla Suprema Corte che, con pronuncia n° 25420/2015, ha dichiarato fondato il ricorso presentato dalla moglie nella parte in cui chiedeva l’adeguamento dell’ammontare dell’assegno di mantenimento alla svalutazione monetaria e alle mutate esigenze, con le seguenti parole:

“In materia di assegno di mantenimento per il figlio, poiché si verte in tema di conservazione del contenuto reale del credito fatto vale con la domanda originaria, deve ammettersi la possibilità per il genitore istante, di chiedere un adeguamento del relativo ammontare, alla stregua della svalutazione monetaria e del sopravvento di altre circostanze, verificatesi nelle more del giudizio, in particolare relative alle mutate condizioni economiche dell’obbligato ovvero alle accresciute esigenze del figlio”.

ed anche nella parte in cui si doleva della mancata considerazione del valore economico della casa coniugale rimasta nel pieno godimento dell’ex coniuge:

“In tema di separazione personale dei coniugi, il godimento della casa familiare costituisce un valore economico – corrispondente, di regola al canone ricavabile dalla locazione dell’immobile – del quale il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto all’altro coniuge per il suo mantenimento o per quello dei figli”.

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata disponendo il rinvio degli atti alla Corte d’Appello di Salerno investita, con una diversa composizione dei Giudici rispetto al precedente grado di giudizio, di decidere nuovamente la controversia tenendo conto dei parametri indicati, tra cui quello di dover stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento prevedendo una somma più alta a favore dell’ex moglie se il marito ha capacità economiche maggiori rispetto al passato, derivanti soprattutto dai maggiori introiti conseguenti alla disponibilità della casa coniugale, e la donna ha maggiori spese vivendo con i minori altrove.