Integra il reato di violazione previsto dall’articolo 616 del Codice Penale il comportamento del marito che apre la posta della moglie anche solo se si tratta di una bolletta.

Articolo 616 C.p. – Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza

Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per corrispondenza si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.

Nel caso di specie i coniugi erano separati e vivevano in differenti abitazioni ma la posta della moglie ancora giungeva all’indirizzo dell’abitazione coniugale, missive che venivano intenzionalmente aperte dal marito e portavano la donna a sporgere querela nei suoi confronti.

L’uomo veniva ritenuto colpevole dal giudizio di primo grado e proponeva appello invocando la scriminante putativa del consenso dell’avente diritto sostenendo di aver agito nell’interesse della moglie, in quel momento assente, presupponendo che vi fosse il consenso da parte della stessa..

Anche la Corte d’Appello rigettava le doglianze dell’uomo confermando la condanna precedentemente riportata e ne seguiva impugnazione in Cassazione da parte dell’Imputato che continuava a sostenere di aver agito in quel modo nel pieno consenso della moglie la quale aveva chiara consapevolezza della sua abitudine di aprire la posta di entrambi già in costanza di matrimonio.

La Suprema Corte rigettava il ricorso  indicando come la Corte d’Appello avesse ben motivato sul punto e sottolineando la mancanza di qualsivoglia scriminante nel caso di specie:

“[…] Al riguardo però parte impugnante non si confronta con la ragione fondante la decisione d’appello, ossia che già nell’aprile 2010 – la missiva giunse nel maggio successivo – la (moglie) aveva comunicato via posta elettronica al marito il suo nuovo recapito, presso il quale rimettere la corrispondenza a lei diretta.

A fronte di tale fondamentale elemento, il quale lumeggia con chiarezza che l’avente diritto non delegava il marito all’uopo o consentiva una sua iniziativa al riguardo bensì richiedeva l’inoltro a sé della corrispondenza, non assumono rilievo le circostanze enfatizzate dall’impugnante, siccome puntualmente precisato dalla Corte territoriale. […]”

La volontà della moglie era quindi chiara ed espressa: la sua corrispondeva doveva essere reindirizzata al nuovo domicilio, non poteva essere aperta!