A seguito di separazione personale fra coniugi, ai fini della collocazione del minore presso un genitore piuttosto che l’altro, lo stato di litigiosità tra i genitori è un fattore determinante per la scelta del Giudice.

La ratio risiede, come nella maggior parte dei comportamenti giudiziali riguardanti minori, nel prevalente interesse del minore che ha diritto a crescere in un luogo sereno che favorisca il suo fisiologico sviluppo fisico e psicologico.

A livello giudiziale si preferisce collocare il minore presso il genitore che continua a risiedere nella casa familiare in modo da non creare nel bambino un distacco dal luogo in cui è cresciuto sino a quel momento e dal quartiere ove ha sede la sua scuola e risiedono anche i suoi amici.

Tuttavia non si tratta di una regola generale, possono esser previste dal Giudice diverse modalità di collocazione del minore, se ciò risponde al suo primario interesse.

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la numero 3331 del 2016, ha preferito collocare il minore presso la madre in quanto ritenuto il coniuge meno litigioso e più rispettoso dell’altro coniuge cosicché il minore non rischi di crescere con l’odio verso l’altro genitore e l’idea della normalità del mancato rispetto dell’altro che, invece, la madre avrebbe fomentato.

Teniamo sempre presente che le questioni conflittuali tra i coniugi devono esser sempre tenute lontane dai figli e gestite separatamente perché i minori non devono mai trovarsi in mezzo ai conflitti tra i suoi genitori!

Il substrato di fatto presentava connotati interessanti poiché nel caso di specie il minore aveva trascorso i primi anni di vita col padre presso l’abitazione della nonna paterna in quanto la madre, a seguito di un forte attacco di depressione conseguente al parto, presentava squilibri tali da necessitare di un percorso terapeutico e riabilitativo presso una struttura.

A seguito di tale percorso la donna era ritornata presso la sua abitazione e nella stessa si erano trasferiti il figlio e il marito ma la litigiosità tra i coniugi era tale da non poter consentire una convivenza pacifica, e si giungeva pertanto a separazione tra coniugi all’esito della quale il Giudice stabiliva la collocazione del minore presso l’abitazione della madre e l’obbligo di un contributo al mantenimento a carico del padre.

Siffatta pronuncia veniva impugnata dal padre del minore e la Corte d’Appello confermava quannto stabilito dal Tribunale.

L’uomo pertanto ricorreva per Cassazione lamentando l’illogica valutazione della consulenza tecnica di parte che lo stesso aveva presentato nei gradi precedenti e dalla quale emergeva che la sua ex coniuge fosse ancora “poco sincera, ansiosa, perplessa ipervigile rigida, irritabile, critica, polemica, eccitata psicomotoriamente, affetta da tremori ed irrequieta, demotivata e facilmente affaticabile”.

La Suprema Corte, tuttavia, non si è discostata dalle precedenti valutazioni dei Giudici territoriali in quanto rappresenta un grado di giudizio per sole questioni di legittimità e non rientra nel merito delle questioni di fatto, cosa che invece l’analisi delle valutazioni della consulenza avrebbe comportato.

Oltretutto ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse ampiamente esaminato le questioni psicofisiche della donna, soffermandosi in modo particolare sul tipo di patologia che l’aveva costretta ad allontanarsi dalla famiglia e verificando come, alla luce delle risultanze mediche, tale patologia fosse ormai superata e la donna fosse in grado di gestire in modo sereno il prroprio rapporto col figlio.

“[…] La censura deve ritenersi inammissibile dal momento che mira ad una valutazione delle circostanze di fatto e delle risultanze dell’indagine tecnica svolta dal consulente d’ufficio, alternativa a quella svolta dalla Corte d’Appello. Deve osservarsi, peraltro, che la Corte ha ampiamente posto in luce le difficoltà e i disagi psichici della donna in gravidanza e nella prima fase di vita del minore nonché le qualità genitoriali dell’uomo ma ha ritenuto prevalente con valutazione di fatto del tutto incensurabile, che elemento dirimente dovesse essere ritenuta la maggiore capacità della donna di garantire il rispetto dell’altro genitore e favorire il mantenimento dei rapporti con quest’ultimo e, di conseguenza, il più equilibrato sviluppo psicofisico del minore, mediante il contenimento del conflitto tra i genitori. […]”

“[…] La censura è manifestamente infondata essendo la motivazione della Corte territoriale del tutto coerente, esauriente e fondata su un percorso logico del tutto consequenziale. Entrambe le figure genitoriali, alla luce dell’esame puntuale del loro percorso ed anche dei loro trascorsi problematici, sono state ritenute idonee alla funzione ma la donna, secondo una valutazione insindacabile in sede di giudizio di legittimità, peraltro fondata su indagine tecnica, motivatamente condivisa dal giudice del merito, è stata ritenuta maggiormente in grado di garantire continuità di rapporto con entrambi i genitori […]”.

Inoltre nel caso di specie il comportamento dell’uomo era fortemente conflittuale e litigioso oltre che irrispettoso nei confronti dell’ex coniuge, atteggiamento che non favorisce unno sviluppo sereno del minore e una corretta educazione dello stesso.

Quindi, sebbene la madre abbia passato lontano dalla famiglia i primi anni di vita del figlio, è stata ritenuta più idonea dell’uomo ad avere il minore collocato presso di sé, preservando comunque il diritto dell’altro genitore a vedere il minore e passare il tempo con lo stesso.

Riportiamo di seguito alcuni link per chi volesse approfondire l’argomento: