Non sempre il fatto che la moglie lavori e abbia un suo reddito porta a negare l’assegno di mantenimento in suo favore dopo la fine del matrimonio!

L’assegno spetta ugualmente se la moglie è stata abituata ad un tenore di vita molto alto che ella non può sostenere più col suo solo reddito.

Con l’Ordinanza 21670/2015 la Corte di Cassazione  ha dato ragione al caso di una donna abituata dal marito a poter spendere a piacimento in vestiti, cene e viaggi e, una volta tornata single, impossibilitata a permettersi i medesimi beni con i meri proventi della sua attività lavorativa.

Il marito sosteneva che la sua ex ben poteva comunque mantenersi anche se con un tenore di vita minore e che comunque grazie al suo lavoro non le mancavano assolutamente i mezzi di sostentamento.

Ma la Corte è stata categorica: la donna deve poter mantenere il medesimo stile di vita che conduceva durante la vita matrimoniale, ha pertanto diritto di ricevere una somma a titolo di mantenimento anche se lavora!

In realtà il nodo della questione non verte tanto sui pranzi, sulle cene o sugli abiti che alla donna venivano spesati quanto sul fatto che questa grande disponibilità economica fosse la normalità. Laddove fosse stato un evento straordinario legato a somme di denaro incassate dal marito e messe a disposizione della moglie sarebbe stato diverso, ella invece aveva sempre avuto la possibilità di sostenere quel genere di spese e aveva sempre mantenuto costante l’alto tenore di vita e così è stata abituata dal marito. Proprio per questa ragione è stato riconosciuto l’obbligo dell’uomo di versare l’assegno di mantenimento.

La Corte ha ribadito che: “l’impossibilità di procurarsi mezzi adeguati di sostentamento per ragioni obiettive costituisce ipotesi non già alternativa ma meramente esplicativa rispetto a quella della mancanza assoluta di tali mezzi, dovendosi, pertanto, trattare di impossibilità di ottenere mezzi tali da consentire il raggiungimento non già della mera autosufficienza economica, ma di un tenore di vita sostanzialmente non diverso rispetto a quello goduto in costanza di matrimonio, onde l’accertamento della relativa capacità lavorativa va compiuto non nella sfera della ipoteticità o dell’astrattezza, bensì in quella dell’effettività e della concretezza, dovendosi all’uopo tenere conto di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi del caso di specie in rapporto ad ogni fattore economico, sociale, individuale, ambientale, territoriale”.

Detto in poche parole, l’assegno di mantenimento dev’essere parametrato oltre che all’impossibilità di procurarsi mezzi di sostentamento anche all’impossibilità di mantenere lo stesso tenore di vita di quello goduto durante il matrimonio e tale valutazione dev’essere effettuata tenendo in considerazione caso per caso e anche gli elementi soggettivi.